Siamo alla fine di settembre e come sempre mi dico che ce l’ho fatta a superarlo anche quest’anno.
Settembre per i centri come quello dove lavoro io è il mese degli incastri… di tempo, di interventi, di nuove attività, di nuovi pensieri e nuove energie.
E come spesso mi capita, arrivo alla fine del mese travolta dai ritmi e dalle novità.
Quest’anno più che mai sono arrivata a ragionare molto su di me (SPOILER: questo grazie ad un corso di formazione che sto seguendo e di cui vi parlerò presto).
E sono arrivata a pormi una domanda importante. Chi sono io?
Rispondere una psicologa clinica sarebbe il dato concreto ed effettivo di quello che faccio. Non esaustivo di chi sono io come persona, donna, mamma e professionista.
La domanda è davvero difficile e si potrebbe approcciare in tantissimi modi.
Partiamo dal dire che tutte le parti che mi costituiscono, come tutti i ruoli che mi riguardano formano un puzzle unico, come unici siete voi.
Quello che mi contraddistingue in modo particolare sono due aspetti per me cruciali: CURIOSITA' e PLASTICITA'.
Fin da quando sono piccola sono sempre stata altamente curiosa. Ho sempre posto un sacco di domande.
Epocale è stato l'episodio in cui in prima elementare ho alzato la mano in modo energico e chiesto alla maestra di italiano, visibilmente di origini mediterranee, "Ma lei che lingua parla?".
Immagino che la maggior parte di voi penseranno alla maleducazione insita nella stessa domanda.
In realtà ero semplicemente curiosa. Volevo sapere quale fosse la lingua specifica che dava accenti così particolari alle parole e una musicalità così differente e, per me, interessante.
Questa stessa curiosità è il fulcro cruciale della mia professione. Di fronte a qualsiasi persona abbia richiesto il mio aiuto, la curiosità attiva me stessa per conoscere appieno quell’individuo nella sua unicità.
Ecco, quindi, che fioccano le domande: per capire come funziona il fantacalcio, quale vocaloid piace e perché, come mai piace Platone e non Socrate, perché il personaggio che stimola molto è Vicktor Krug, come funziona quel videogioco. Ecco anche l’estrema osservazione della situazione: come si muove la persona nello spazio, cosa vede e da che angolazione, come manipola un oggetto, che suoni ascolta e che effetto fanno su di lui ...e via di continuo.
La curiosità è quello che mi consente di comprendere e capire chi ho di fronte. La curiosità parte dal presupposto che io sono inesperta della persona che ho di fronte e ho bisogno di conoscere il suo mondo e le sue caratteristiche, prima di poter essere veramente d'aiuto.
La curiosità accoglie l'altro in un terreno di confine dove non ci sono giudizi e dove l'incontro stesso diviene la base della relazione stessa.
La plasticità è qualcosa che è venuto con il tempo.
Come tutte le neolaureate ero una psicologa inesperta e pronta a dire la sua per sentirmi importante. Rigidità era sicuramente il sinonimo della mia pratica. Applicavo regole e metodi in modo inflessibile.
E direi alquanto noioso.
Col tempo ho imparato a seguire la mia curiosità e questo ha modificato in modo importante la mia essenza, il mio KI.
Sono così cresciuta grazie alle persone che ho incontrato, ho modificato il mio metodo in base a chi avevo di fronte e reso fluida la mia pratica.
La plasticità è quella caratteristica che mi consente di mettere in campo strumenti e modalità che siano adatti a quella singolare essenza che ho di fronte.
Entrambe le competenze mi aiutano nella mia pratica clinica. E, non posso negarlo, mi hanno consentito di conoscere essenze vitali uniche, le loro vite, le loro passioni, le loro capacità e potenzialità ...e inevitabilmente venirne toccata umanamente.
Chi sono alla fine?
Sono Simona, psicologa clinica che ama la propria professione, ama approfondirla e conoscerne sempre nuovi aspetti. Vivo la mia pratica nell’osservazione, nell’ascolto, potenziando curiosità, plasticità e flessibilità. Perché chiunque incontro è unico e anche la mia pratica deve seguirne la specificità.
Curiosità e plasticità mi hanno reso pronta nell’incontro con nuove persone, nella loro accoglienza e nell’essere flessibile. Mi hanno fatto crescere come persona e reso ciò che sono oggi.
Invito tutti coloro che lavorano nell’ambiente della cura verso gli altri a poter sperimentare questi fattori e potenziarli a modo loro, per poter così veramente scorgere, vedere e incontrare il Ki delle persone.
Credo fermamente che dovremmo tutti praticare la curiosità e la plasticità. Farebbe bene al nostro Ki!
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