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Immagine del redattoreSimona

LA NOSTRA VITA? SOLO FATTA DI NOIOSI STEREOTIPI

Vi siete mai imbattuti in quelle frasi, che al solo sentirle vi pulsava l’orecchio, la mascella e la gola dalla rabbia?

Mai provato quella situazione dove avresti voluto bellamente mandare a quel paese una persona?

Proviamo con alcune frasi:


“Tu impegnata? Fai sempre cose che ti piacciono”


“Ma non è ora di trovarsi una fidanzata?”


“Ma non è ora di sposarsi? ...o di fare un bambino? ...o di fare la sorellina/fratellino?”


“Impossibile tu sia stanco al 15 di settembre”


“No, non sei depressa. Hai solo bisogno di fare qualche cosa”


Vi viene in mente altro? Immagino di sì!

Proviamo a capire cosa smuovono queste frasi in noi.

Ricordo ancora quando mi dissero la prima. Il mio pensiero è volato dal “adesso ti do un pugno” a “cosa cappero ne sa questa persona di quello che faccio io”.

La frase che ne uscì, invece, fu un diplomatico “mi piacciono sì, ma comunque occupano tempo e richiedono il mio impegno”.

Cosa ho ottenuto?

Un semplice e fastidiosissimo: “Ma quando si fanno cose piacevoli il tempo passa veloce e si è più felici”.

Un banalissimo stereotipo.

Ho pensato a queste frasi ultimamente e a come detti comuni, pensieri legati alla psicologia spiccia e modi di dire non aiutino per nulla. Gli stereotipi poi men che meno. Portano molte persone a non vedere la realtà della situazione e a non riconoscere veramente chi c’è di fronte a noi.

Bene.

Ma se questo succedesse rispetto a caratteristiche che riguardano il proprio essere?

Frasi del tipo:


“Tu non sei metodico. Saresti molto ordinato”


“Tu non puoi essere bravo a ricordarti le date. Sei un uomo”


“Sei donna e quindi non potrai mai saper guidare una moto”


Come se l’essere metodico debba per forza implicare una capacità di essere ordinato e non contemplasse il caos… che forse aiuta a essere creativo alla persona. Oppure che la definizione di uomo non implichi una buona memoria di date o che le donne non possano guidare una moto.

Come se lo stereotipo negasse realtà che sappiamo benissimo esistere. Ed in questo caso negano direttamente una parte della personalità (l’essere metodico), persino l’identità di genere.

Come vi sentireste?

Arrabbiati, delusi, frustrati, stanchi di non venir riconosciuti per quello che si è? Invidiosi per coloro che invece ottengono riconoscimenti, mentre a voi arrivano le solite frasi di circostanza?


Adesso provate a mettervi nei panni di persone autistiche che si sentono costantemente dire:


“Tu sai parlare, quindi non puoi essere autistica”


“Tu guardi negli occhi e provi emozioni. Un autistico non lo saprebbe fare”


“Tu hai amici. Una persona autistica non li cercherebbe nemmeno”


“Ma tu ti fai abbracciare senza problemi. Non puoi essere autistico”


“Tu lavori. Le persone autistiche non riescono a lavorare”


Queste persone hanno provato le stesse vostre emozioni descritte sopra. Si sono sentite non viste e non riconosciute. Sono rimaste deluse e, sicuramente, sono veramente stanche di sentire queste parole.

Forse per anni hanno lottato con parenti, amici e medici nel raccontare la propria diversità e ora con semplici frasi stereotipate gli viene negata quella verità conquistata. Gli viene contestato il loro stesso essere, Il loro Ki finalmente trovato.

Quello che sicuramente possiamo dire è che se lo stereotipo colpisce situazioni più semplici come l’uomo che ricorda tranquillamente la data del proprio anniversario di matrimonio (che può essere tacciato di avere qualche gene maggiormente femminile ahimè), calcolate voi quanto può colpire ferocemente tutte quelle persone le cui caratteristiche di funzionamento, fisiche o d’identità, rientrano in campi legati alla diversità.

Certo, lo stereotipo tranquillizza rispetto al pensare che la realtà può essere molto varia e per questo difficile da comprendere nella sua totalità. Meglio rimanere nel conosciuto, nell’ordinario e nelle categorie comuni. Meglio vivere nella paura dell’altro ...e anche di sé stessi e delle proprie caratteristiche che rendono unici.


"E’ molto di più e molto più importante ciò che gli esseri umani hanno in comune di quello che ognuno tiene per sé e lo distingue dagli altri" Hermann Hesse

Sante parole!

Accogliere l’altro vuol dire saper accettare che se dice che è depresso, sicuramente un motivo ci sarà. Che se afferma di essere stanco perché l’inizio del lavoro in pochi giorni lo ha letteralmente sommerso, una verità ci sarà in quelle parole.

Che se è una motociclista…sicuramente avrà la patente e saprà guidare quella moto.

Che sé è autistico/a ...è autistico/a!

L’augurio che vi faccio è proprio di distinguervi e in questo accogliere l’altro e le molteplici diversità della vita!

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