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Immagine del redattoreSimona

Il corpo… questo sconosciuto

Ultimamente il tema del corpo entra continuamente nella mia vita quotidiana e nella pratica lavorativa, sia clinica sia formativa.

Continuando a rimbalzare tra un evento e un altro, una terapia e un’altra e grazie ad un corso di mindfulness ed esperienze quotidiane critiche per il mio corpo, mi sono detta che è proprio il caso di trattare questo tema all’apparenza semplice, ma in realtà altamente complesso.


Partiamo subito dal sottolineare come le percezioni sensoriali di una persona autistica spesso siano altamente sviluppate. Nella mia pratica clinica ho incontrato spesso persone che erano disturbate dalle luci o da rumori (sia forti, ma anche impercettibili), oppure da odori e sensazioni tattili. Questo non perché non fossero capaci di rielaborare lo stimolo sensoriale, ma spesso perché il senso attivato, funzionando diversamente e in modo amplificato, non riesce a filtrare l’informazione che arriva e la analizza nella sua interezza e insieme a tutte le altre che arrivano contemporaneamente.

Ecco, quindi, che un rumore di poca intensità come il traffico in strada non viene messo in secondo piano come faremmo no, arrivando a non esistere quasi più nella nostra percezione. Ma si somma a tutti i rumori presenti nella stanza andando a creare una cacofonia di suoni difficili da gestire.

Una persona mi ha descritto pienamente questo processo nel momento dell’intervallo scolastico, dove le conversazioni dei compagni suddivisi in più gruppetti separati diventano suoni allo stesso livello. Se aggiungiamo che le conversazioni portano anche molte informazioni rispetto ai temi trattati, ecco che la testa della persona tra fastidio per il rumore e overbooking di informazioni era pronta costantemente ad esplodere.

La fatica della gestione di tutta questa rielaborazione sensoriale, oppure il dolore stesso che alcune percezioni provocano in quanto sentite più intensamente e il dover affrontare questa caratteristica personale ogni santo giorno fin dalla nascita, portano a correlati fisici che a volte diventano dirompenti e uniti a reazioni emotive molto intense (chiusure, tentativi vani di controllare le situazioni, esplosioni di rabbia, etc.).

Il corpo e i sensi diventano così un canale importantissimo da dover essere affrontato, compreso, accolto e supportato: imparare a conoscersi, imparare a prevenire le situazioni con l’utilizzo di strumenti (cuffie per controllare i suoni finalmente oggi in commercio, occhiali da sole, etc.), ma soprattutto rimanere in ascolto del proprio corpo e rispondere ai bisogni che esso ci manda.


Aggiungo alcune riflessioni che sono nate grazie al corso di mindfulness che sto seguendo. Proprio attraverso una pratica quasi giornaliera di meditazione proprio su me stessa mi sono resa conto anche di come mente e corpo siano connessi e intrecciati.

Ok, potrebbe sembrare la solita pappardella di psicologia spiccia.

In realtà mi sono resa conto di come noi tutti siamo costantemente trainati da pensieri legati al passato o al futuro spesso in modo automatico: rielaborazioni di episodi passati, ricordi, gestione anticipata di eventi, ansia per altri che ancora devono accadere.

I pensieri dominano quello che siamo costantemente.

E in questo ci dimentichiamo del corpo, che vive livelli elevatissimi di stress a causa di episodi passati che non sono ahimè modificabili, ed episodi futuri che non sono per niente controllabili e nemmeno anticipabili se non finché li viviamo. Livelli di stress che passano attraverso emozioni dirompenti che possono avere anche correlati psicosomatici poco presi in considerazione.

Il corpo rimane costantemente il canale di espressione di noi stessi, di come stiamo….eppure lo mettiamo in secondo piano. Addirittura, non lo sentiamo più, in quanto seguiamo costantemente i nostri pensieri.

Ecco che allora la pratica della mindfulness può diventare una modalità per fermarsi nel presente, nel momento attuale e riconnettersi a sé, alle proprie sensazioni, alle proprie emozioni e lasciare andare pensieri legati al passato o al futuro.

Ci si ferma qui, adesso, si sente il proprio respiro, come l’aria entra nel naso e ci dà sensazioni differenti per ognuno di noi. Come passa nella gola e arriva a riempire i polmoni. Come la stessa pancia si apre al respiro e poi si contragga conseguentemente, per aiutare a svuotare i polmoni stessi. A come la stessa aria inalata, prima fresca, ora possa sembrare calda e arrivare persino a solleticare il labbro superiore.

Avete mai pensato a come una pratica così automatica come il respiro, in realtà sia piena e densa di sensazioni: tattili, uditive, visive, percezioni interne del corpo.

E in tutto questo i pensieri dove sono finiti? Per alcuni saranno comparsi lo stesso, perché veloci e automatici ormai da molto tempo (anni!). Per altri magari si sono affacciati e poi svaniti subito. L’importante è accorgersene e lasciarli andare e tornare a sentire il proprio corpo, presente e costante ogni attimo.


Vi chiederete cosa leghi la mindfulness con l’autismo?

Ebbene una buona pratica di mindfulness come aiuta qualsiasi persona a riconnettersi con il corpo, può aiutare anche persone autistiche in questo. Può aiutare in un momento di meltdown, ma può aiutare anche a sintonizzarsi con sempre più facilità su di sé, sul corpo, sulle proprie sensazioni ed emozioni. Su come si funziona diversamente a livello sensoriale e come poter ascoltarsi e trovare subito uno strumento che possa aiutare…non aspettare di superare il momento, consumando livelli elevati di energia e sfiancandosi dopo con una scarica importante attraverso un meltdown.


Conoscersi per agire consapevolmente sul presente. Ecco la chiave della mindfulness.


Platone scriveva:

Non muovere mai l’anima senza il corpo, né il corpo senza l’anima, affinché difendendosi l’uno con l’altra queste due parti mantengano il loro equilibrio e la loro salute

Ed è così!

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