piccolo periodo di ferie.
Direi che sono state importanti e necessarie per ricalibrare le energie.
Sicuramente la mia mente e i miei pensieri non sono stati fermi. La vita quotidiana offre un sacco di spunti di riflessione e io me li appunto sempre su un blocco note sul telefono. Frasi, episodi, parole, immagini, fotografie. Tutte cose che mi colpiscono, mi fanno ragionare, che per la loro concretezza e verità mi rimangono impresse.
Ecco che allora ritorno da voi con un gran tema. Proprio quello dei DIRITTI.
Partiamo dalle immagini molto forti e impressionanti di Kabul. Credo che ognuno di noi ne abbia visto almeno qualcuna.
Quelle immagini e video mi hanno colpita a fondo. E quando questo succede, mio marito si mette le mani nei capelli. Perché io inizio a parlarne molto, a leggere il più possibile da fonti ufficiali, ne discuto e ne discuto ancora. Cosa che è successa anche in questo caso: ho letto testate giornalistiche, visto video di documentari sulla situazione afghana, cercato sui social informazioni, visto siti internet di associazioni umanitarie (dalle più famose a quelle meno).
Ed ecco che mi sono chiesta:
Ma è possibile che nel 2021 ancora si rischi di vedere i propri diritti calpestati e non riconosciuti?
Come è possibile che la comunità mondiale dia il consenso a una cosa così mostruosa?
Ma quanta paura o rabbia devono avere quelle persone (in principal modo donne) che rischiano di non vedersi più riconosciuti quei diritti che negli anni hanno conquistato con gran fatica?
Vi starete sicuramente chiedendo cosa centri tutto questo con i temi del blog.
Ebbene…un sacco!
Fin da quando lavoro con persone neurodiverse il tema dei diritti è sempre stato al mio fianco.
Sono stata io stessa promotrice per loro oppure ho aiutato a trovare il modo di poterli esprimere appieno e richiedere che venissero rispettati in toto.
La dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo approvata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948 cita come primo articolo:
“Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire in uno spirito di fraternità vicendevole”
E continua con:
“Ognuno può valersi di tutti i diritti e di tutte le libertà proclamate nella presente dichiarazione, senza alcuna distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, d'opinione politica e di qualsiasi altra opinione, d'origine nazionale o sociale, che derivi da fortuna, nascita o da qualsiasi altra situazione. […]”
viene definita sulla base del rispetto della dignità e dei diritti. Questi ultimi non dipendono dalla soprarazza, ma soprattutto da condizioni che possono derivare dalla nascita, e quindi anche dal fatto di nascere neurodiverso e con un funzionamento atipico.
Questa è una cosa che dovremmo tenere a mente costantemente, in quanto tutti noi siamo chiamati a rispondere alla variabilità umana con la nostra personalità e identità.
Il proprio KI vive e risplende costantemente se viene espresso nella libertà dei propri pieni diritti.
E quindi perché non inserire nelle scuole modalità di insegnamento diversificate?
Perché non inserire negli istituti scolastici stanze sensoriali o, persino, in ambienti di lavoro?
Perché non utilizzare modalità visive chiare per tutti all’interno di aeroporti o stazioni ferroviarie?
Oppure predisporre pannelli visivi e schematici con le procedure per richiedere una carta d’identità o un passaporto sui siti internet istituzionali?
Immagino che tutti saremmo più agevolati fin dalla tenera età.
Questo vorrebbe dire che insieme ci impegneremmo per veder rispettati differenti diritti delle differenti persone e dei loro differenti funzionamenti.
E la vita sarebbe sicuramente più semplice.
Adottare tale atteggiamento vorrebbe dire proprio mettere in campo quello SPIRITO DI FRATERNITÀ VICENDEVOLE di cui parla il primo articolo della dichiarazione.
Impossibile dite?
Io penso che se piccole associazioni, cooperative, gruppi di persone siano state in grado di mettere in campo piccoli progetti anche mirati in una zona difficile come l’Afghanistan, questo vuol dire che ne siamo assolutamente capaci anche nella propria casa.
Forse la maggior parte di noi vive nel pensare alla propria famiglia e al proprio orticello. E questo va assolutamente più che bene per la propria vita e felicità.
Basterebbe fare piccolissimi gesti nell’ottica del rispetto dei diritti altrui: tenere aperta la porta dell’ufficio per la signora in carrozzina che sta entrando; indicare il tabellone con i numeri che scorrono se vediamo qualcuno smarrito sulla modalità della fila; trovare una modalità diversa di spiegare un concetto che si avvicini al modo di ragionare di nostro figlio/marito/amico.
Se tutti ne facessimo alcuni di questi piccoli gesti il mondo sarebbe un posto davvero diverso e migliore.
C’è un bel film che ho visto da piccola: “Un sogno per domani” (USA, 2000).
Invito tutti voi a darci un’occhiata.
Indipendentemente dai pezzi di trama romanzata, il concetto strepitoso espresso è quello della potenza di cui un piccolo gesto può avere per una persona e per la sua vita… e di come piccoli gesti se sommati offrano una nuova prospettiva positiva per molte più persone di quanto possiamo pensare.
Ecco perché nella mia vita, privata e lavorativa, il tema dei diritti è sempre nella mia valigetta personale e il pensiero è sempre quello dell’EFFETTO FARFALLA: un piccolo battito d’ali in Brasile può causare un uragano in Texas? (teoria del Caso, Lorenz 1972).
Io nel mio piccolo lo faccio.
E tu?
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